Fondare
biblioteche» diceva Marguerite Yourcenar «è ancora un po’ come
costruire granai pubblici: ammassare riserve contro l’inverno dello
spirito». Da sempre, ogni biblioteca è un baluardo alla decadenza, un
simbolo concreto con cui opporsi alla volgarità del presente. Lo scaffale infinito
è un racconto che si snoda su un arco di oltre sei secoli, tra
collezionisti, volumi e biblioteche di tutto il mondo. È un viaggio che
annulla i confini di tempo e spazio: dall’umanesimo toscano al mondo
globalizzato del terzo millennio, attraverso l’Europa rinascimentale e
la Russia degli zar, gli Stati Uniti dell’esplosiva crescita economica
di fine Ottocento e la sciagurata parentesi nazista
Incontriamo figure immense della storia letteraria, come Francesco
Petrarca, con la sua straordinaria collezione di manoscritti e l’amore
smisurato per Virgilio; personaggi più oscuri ma non meno importanti,
come Hernando Colón, figlio illegittimo di Cristoforo Colombo, e Monaldo
Leopardi, padre non amato di Giacomo; potenti cardinali come Federigo
Borromeo e Mazarino, industriali dalle ricchezze favolose e attori
squattrinati, come i primi stampatori di Shakespeare, inconsapevoli
dell’eredità che avrebbero lasciato al mondo. A chiudere il cerchio,
vero e proprio nume tutelare dell’amore per i libri, Umberto Eco,
emblema di eclettismo ed esempio concreto dell’utopica «biblioteca
universale» di cui favoleggiava Borges. L’autore ci prende per mano
attraverso i suoi molteplici viaggi e incontri, racconta con leggerezza e
ironia le altrui e le proprie esperienze fra gli scaffali polverosi di
un rigattiere e gli edifici monumentali che ospitano i tesori di carta
dell’umanità. È un libro che racconta di altri libri, ma da
un’angolazione speciale: un’eredità che non smette mai di arricchirsi,
una storia che «è molto, molto decisa a scrivere tanti altri capitoli».
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"Io il Virgilio del Petrarca l’ho visto, in un caveau sotterraneo
blindatissimo, gremito di libri rari, unici, introvabili. Per uno come
me, una vera caverna di Alì Babà, dove perdersi per giorni, magari
settimane. Quando mi ci hanno ammesso, non smettevo di far girare lo
sguardo su tutti quei dorsi antichi, con le pergamene vecchie di
cinquecento anni e le legature sontuose dei tempi andati. Volumi
inestimabili, senza soluzione di continuità; eppure, anche in quella
compagnia, quel codice appartenuto a Petrarca è forse il più bello di
tutti: grande, austero, autorevole, nel suo formato imponente reso
ancora più maestoso da una legatura blu intenso dove, sotto la scritta
in oro
Virgilius cum notis Petrarcae, si ripetono gli stemmi imperiali con la N di Napoleone."