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sabato 29 ottobre 2011

La Scienza Erboristica e La Medicina popolare


 

La medicina popolare considera il corpo e la psiche ed il comportamento dell’individuo un insieme indivisibile; infatti la parola farmaco indicava un rimedio sia per il corpo sia per l’anima. I farmaci erano anche gli scongiuri, gli incantesimi e anche la musica e la poesia erano intesi come farmaci per l’anima. La malattia è vista come qualcosa di estraneo all’uomo quindi l’uomo non può controllarla ma soltanto eliminarla, ad esempio i batteri e i virus sono visti ora come causa della malattia, ma per la medicina popolare erano la malattia stessa. Tutte le teorie della pratica medica popolare sono basate sull’esperienza, i rimedi preparati con le piante medicinali sono conosciuti fin dalla Preistoria e generalmente era la donna ad occuparsi della loro preparazione.

Infatti mentre la donna si preoccupava del sostentamento della comunità attraverso la raccolta delle radici delle piante spontanee e dei frutti, l’uomo si dedicava alla caccia e alla pesca. In questo modo la donna acquisì un vasto patrimonio di conoscenze che si tramandarono di madre in figlia, e di questo ciò che ancora resta è custodito dalle singole comunità e confluisce anche nell’attuale pratica erboristica.
Nella cura delle malattie si interveniva prima con rimedi riconosciuti a livello familiare, quando questi risultavano inefficaci si ricorreva a figure “specializzate” cioè alle cosiddette streghe guaritrici, maghi e stregoni ovvero coloro che guarivano anche attraverso particolari rituali, incantesimi e preghiere. I veri guaritori avevano speciali caratteristiche, cioè erano nati settimini o madri di gemelli oppure provenienti da famiglie tradizionalmente legate alla magia e alla capacità di curare. La presenza di queste figure è riscontrabile ancora oggi in alcune comunità rurali. La medicina popolare sopravvive all’affermazione della medicina ufficiale avvenuta all’inizio del Duecento e l’uso delle erbe medicinali continua per molti secoli.

Dai resoconti dei processi per stregoneria del ‘500 si evidenzia, nell’attività delle cosiddette streghe, la pratica della magia e della medicina.
In molti casi, quindi, la strega è una guaritrice condannata semplicemente perché opera fuori e contro l’autorità laica e religiosa; infatti esse venivano condannate per eresia e non per accertata pericolosità delle loro ricette.
In quei tempi curare le malattie che la medicina ufficiale non riusciva a sanare significava entrare nel campo del sovrannaturale e quindi peccare di eresia.
In realtà il saper conoscere, trasformare ed impiegare le erbe medicinali conferiva alle streghe un potere che sia la Chiesa sia lo Stato intendevano contrastare.
Le streghe conoscevano bene l’impiego terapeutico delle piante medicinali, infatti illustri botanici come il Mattioli e il Durante confermano le proprietà di determinate piante usate nelle loro preparazioni.

Spesso all’uso delle piante si accompagnava anche quello degli animali o di parti di essi. Le streghe guaritrici associavano sempre alla somministazione dei loro preparati a base di erbe la formulazione di riti magici mirati a scacciare il male insediatosi nella persona.
Oltre ad usare erbe tutt’ora utilizzate, ne adoperavano altre che, somministrate in dosi massicce, risultavano tossiche o allucinogene, cioè capaci di alterare la coscienza come l’Aconito, altamente tossico e capace di paralizzare le terminazioni nervose, la Belladonna o lo Stramonio riconosciuti come potenti allucinogeni.
 
Nel Medioevo le piante coltivate erano usate per la composizione di medicamenti semplici, cioè realizzati con una sola pianta o composti, prodotti da piante diverse combinate tra loro.
La tradizione continuò e venne incrementata nel Medioevo con l’istituzione dell’Hortus simplicium o Hortus medicus (detto anche viridarium nell’Alto Medioevo). L’hortus simplicium (sottinteso medicamentorum), il giardino dei medicamenti semplici, sorse presso i monasteri ed i conventi. Uno dei primi viridari fu fondato da Cassiodoro, già consigliere dell’imperatore Teodorico, che con la caduta dell’Impero Romano si ritirò dalla vita politica. Appassionato di medicina, scrisse le “Istitutiones divinarum et humanorum”, in cui raccomandava ai monaci di coltivare le piante medicinali e di studiare, trascrivendo e miniando, le fonti del passato, come Ippocrate, Dioscoride e Galeno.
Resta fondamentale il ruolo culturale e sanitario svolto dagli ordini monastici, che si occuparono dell’assistenza agli infermi per assolvere la missione caritatevole cui erano chiamati. Svolsero anche, avvalendosi delle fonti classiche, un’intensa attività di ricerca in campo farmaceutico, realizzando medicamenti di grande efficacia. I monaci produssero dei cataloghi ragionati di tutte le erbe coltivate ed utilizzate, chiamati Hortuli.

Gli hortuli erano raccolte di piante figurate in cui si descrivevano le caratteristiche e le virtù delle singole piante. In questo modo la conoscenza della medicina e dell’impiego delle piante officinali si diffuse rapidamente tra gli stessi ordini monastici. Accanto alle abbazie sorsero i primi ospizi ed ospedali per accogliere i pellegrini infermi fin quando nel 1200 il Papa Onorio III non proibì l’esercizio della medicina ai chierici secolari e nel 1231 Federico II di Svevia vietò ogni rapporto tra la professione dello speziale e quella del medico impedendo l’esercizio della professione medica senza autorizzazione.
L’unico centro culturale pubblico, abilitato a rilasciare il titolo di dottore fu la Scuola di Salerno. Nella scuola salernitana, la cui origine probabilmente si collega ad un centro monastico, confluirono gli elementi della tradizione classica influenzati dalla cultura araba.
 
 

La medicina tradizionale: le fonti

L’erbario è una raccolta di piante, che possono essere raffigurate (hortus pictus), secche (hortus siccus) oppure vive (hortus vivus), a scopo didattico e scientifico. Dall’antichità classica all’età premoderna gli erbari furono la migliore fonte di indicazioni e di conoscenze, riguardanti la botanica-medica, a disposizione degli erboristi e degli speziali. Si trattava di testi in cui alla descrizione della specie vegetale e delle sue proprietà faceva riscontro l’immagine della stessa.

L’erbario figurato più importante dell’antichità sembra essere quello della principessa Anicia, risalente al VI secolo d. C., seguito dal cosiddetto Pseudo-Apuleio. Nel corso del Medioevo essi furono molto rimaneggiati e contaminati da interventi successivi degli amanuensi. Restano, tuttavia, documenti di fondamentale importanza per la storia della medicina.

Esistono due famiglie di erbari: una di tipo realistico, dove la pianta è descritta come è nella realtà, una di tipo schematico in cui l’immagine si arricchisce di simboli utili per comprendere l’impiego.

Negli erbari del primo tipo le piante sono descritte nei particolari, con grande attenzione all’immagine (in bianco e nero o a colori) e alle virtù curative. E’ significativo, ad esempio, che accanto all’indice delle piante venisse aggiunto un indice delle varie infermità. I più importanti erbari figurati a stampa del Rinascimento furono quelli di Fuchs (1542) e di Mattioli (1565).
Il secondo tipo di erbario era destinato maggiormente ad un uso pratico personale, quindi più vicino alla tradizione popolare: la rappresentazione delle piante appare fantasiosa per l’associazione di simboli e rituali. Ne è un classico esempio la mandragora, rappresentata sempre legata ad un cane e con il raccoglitore che si tappa le orecchie per non sentire l’urlo della poveretta al momento dello strappo.
L’erbario secco è una raccolta di piante essiccate, stese ed attaccate su fogli di carta. La funzione è, da una parte quella di documentare la presenza delle specie in un dato territorio e, dall’altra, strumentale, in quanto permette uno studio comparato con altri campioni di altre aree.

L’erbario vivo invece si identifica con l’orto botanico o con raccolte di esemplari in esso contenute. I primi orti botanici, gestiti prima in ambiti religiosi e poi anche laici, furono destinati alla raccolta delle piante medicinali, dette medicamenti semplici (donde la denominazione di Giardini dei Semplici, sottinteso medicamenti). In seguito in questi orti vennero coltivate anche piante non medicinali a scopo sia didattico che scientifico. soprattutto quando la botanica diventò una scienza autonoma separata dalla medicina. Da quel momento gli orti botanici funsero anche da centri di sperimentazione e di acclimatazione di nuove specie esotiche provenienti dal Nuovo Mondo, come la patata ed il peperoncino.

Dalla medicina popolare alla medicina accademica:le fonti Il Tacuinum sanitatis è un’altra fonte medievale manoscritta, riguardante l’impiego delle piante officinali.
Il termine tacuinum deriva dalla parola araba taqwim che significa indicazione, tabella. Questo tipo di testo è frutto della traduzione latina di un’opera araba, espressa in forma sintetica (donde il valore di tabella). Vi sono raccolti concetti di medicina tradizionale rivisitati attraverso le pratiche comportamentali e i ritmi naturali, non disgiunti, talora, dallo studio delle influenze astrali. La pianta è raffigurata quasi sempre per intero nel suo habitat naturale e viene indicata sia la stagione migliore per la raccolta sia le differenti proprietà della pianta in base ai ritmi stagionali.
Il Tacuinum, oltre che indicare rimedi, suggerisce norme per mantenere la buona salute, curando in particolar modo l’alimentazione, l’igiene ed il comportamento, ovvero il giusto equilibrio tra sonno e veglia, tra moto e quiete, tra gioia ed ira.
Questi manoscritti indicano come ricavare benefici dalle piante e come evitare i danni che esse possono provocare. In sintesi si possono definire come manuali pratici, alla portata di tutti, soprattutto di coloro che sono interessati alle conclusioni della scienza e non alle prove, impreziositi spesso da colorite e vivaci figure di piante.

I ricettari contengono più o meno le stesse notizie inserite negli erbari, ma organizzate in modo diverso. Infatti mirano a mettere in risalto lo scopo per il quale si utilizza una pianta o, meglio ancora, una preparazione erboristica composta. Di ogni ricetta vengono enumerati gli ingredienti, i metodi di preparazione, le modalità di somministrazione e le quantità.
Diverso dagli erbari, dai taccuini e dai ricettari, un ulteriore strumento-documento stampato, diffuso fino al XIX secolo è il cosiddetto prontuario medico.
Esso differisce dai precedenti poiché affronta al suo interno discussioni di carattere filosofico sul perché e sul modo di adoperare determinate piante ed enumera una serie di casi trattati con le relative erbe. La diversa struttura è dovuta al fatto che il prontuario era destinato ai medici, mentre gli altri tipi di testi erano rivolti anche allo speziale-farmacista e all’erborista.
 
 

Dall'antica farmacopea all'industria farmaceutica

L’uomo, dal momento in cui comprese l’utilità delle piante per la cura della salute, cominciò a raccoglierle e ad usarle. Quando ancora viveva in simbiosi con la natura, custodiva personalmente il patrimonio di conoscenze sulle erbe medicinali.
Con l’organizzarsi delle comunità tribali, nacquero i raccoglitori di piante che, essendo diventati buoni conoscitori del settore, erano in grado di stabilire il momento giusto per la raccolta e le regole riguardo l’impiego. Cambiando le condizioni di vita, le antiche conoscenze vennero integrate da nuovi precetti che migliorarono i metodi di preparazione dei rimedi naturali.

Presso ogni popolo, poi, tali conoscenze andarono a costituire il fondamento della medicina tradizionale e, nelle civiltà più evolute, furono codificate in testi scritti chiamati erbari.
Gli erbari, quindi, sono testi che raccolgono tutte le notizie sulle erbe medicinali dal punto di vista botanico e terapeutico. Tra i più autorevoli possiamo ricordare quello enciclopedico di Dioscoride (I secolo d.C.), che sintetizza un po’ tutte le pratiche fitoterapiche dei Romani, dei Greci, degli Africani, degli Egizi e di altri popoli.
Ma già a due secoli prima, nel mondo occidentale, risale lo studio delle piante, mirato alla creazione di una vera e propria scienza medica, attraverso la comprensione del meccanismo di immunità ai veleni. La loro diffusione e il loro uso criminale era tale che Mitridate, re del Ponto, volle necessariamente trovare un antidoto efficace.

Ne incaricò il suo medico Crateva, che da un lato approfondì la conoscenza della tossicità delle sostanze e dall’altro sperimentò l’efficacia degli antidoti, servendosi degli schiavi.
Era il primo passo, di fatto, verso la preparazione di prodotti medicinali in funzione di antidoti. Il primo fu proprio il Mitridato, così chiamato in onore di Mitridate. Il più famoso, però, è la Theriaca, un composto messo a punto più tardi da Andromaco, medico di Nerone, e formato da decine di sostanze, prevalentemente d’origine vegetale, ma anche animale. Infatti, conteneva anche carne di vipera, il che spiega il suo utilizzo come antidoto contro il morso di serpenti. Per molti secoli, poi, venne adoperato anche come farmaco per la cura di moltissime malattie come la peste, il mal di testa cronico ed il mal di fegato.

La tecnica farmaceutica estrattiva

Agli inizi dell ‘800 l’uomo riuscì a individuare e poi isolare i principi attivi responsabili dell’azione terapeutica svolta dalle piante medicinali.
La prima sostanza naturale isolata allo stato puro fu la morfina, nel 1805. Si realizzava, così, il sogno degli antichi alchimisti, protesi a cercare il quid, cioè l’ignota sostanza che valorizzava le piante sul piano farmacologico.

Il passaggio ad una vera e propria industria chimica farmaceutica estrattiva fu breve e altre sostanze, citiamo per esempio la caffeina e la salicina, alla base della notissima aspirina, andarono ad arricchire la lista delle sostanze naturali vegetali oggi conosciute.
Nel 1853, inoltre, si scoprì la somministrazione dei farmaci per via intramuscolare e questa pratica aprì la strada all’utilizzo di una preparazione solubile concepita in modo molto diverso dalla classica tisana di erbe.

Tuttavia le piante medicinali continuarono ad essere usate, sulla scorta dei precetti derivanti da quel grande contenitore culturale che è l’esperienza popolare.
Il preparato medicinale di origine vegetale arreca all’organismo un complesso di sostanze chiamato fitocomplesso: alcune sono le vere responsabili dell’azione farmacologica, altre sono sinergiche in quanto potenziano l’assorbimento e l’attività delle prime, altre ancora evitano l’insorgenza di effetti collaterali. Infatti un farmaco quando viene somministrato produce due effetti uno benefico l’altro nocivo; l’effetto benefico deve superare quello nocivo ma questo non sempre avviene poiché l’effetto del farmaco dipende dal singolo individuo.



Le erbe medicinali e la tradizione popolare


Una antica leggenda narra che Esculapio, mitologico dio della medicina, avesse imparato l’arte del curare dopo aver visto che una pecora, ormai ridotta in fin di vita, si sforzò di mangiare un' erba selvatica, e dopo averlo fatto riprese forza e vigore.

L’uomo ha iniziato a curare i propri malanni servendosi delle erbe spontanee probabilmente osservando gli animali che lo facevano istintivamente proprio come la pecora di Esculapio.
L’uso dei rimedi naturali vegetali è poi proseguito per millenni fino a trasformarsi in scienza delle erbe medicinali o fitoterapia.
Attualmente l’uomo ricorre ancora alle erbe nonostante lo sviluppo della chimica e della scienza farmaceutica sembrano aver soppiantato questa antica arte.

Il ricorso a farmaci di facile assunzione e rapida efficacia ha solo apparentemente fatto cadere in disuso i cosidetti “rimedi della nonna” lenti ma efficaci, il patrimonio di conoscenze in materia di piante medicinali è rimasto sempre vivo nella tradizione popolare, tramandato oralmente di generazione in generazione.Le erbe medicinali coltivate nel Medioevo, ad esempio la salvia, il rosmarino, la cicoria, la malva etc…, malgrado tutti i mutamenti storici e tecnologici, vengono utilizzate ancora oggi.

Attualmente l’uso tradizionale delle erbe è relegato alla memoria dei più vecchi, depositari di un antica sapienza che va pian piano estinguendosi. Tuttavia è pur vero che la maggior parte delle loro conoscenze sono state trascritte e codificate.
D’altronde ogni singolo territorio detiene uno specifico patrimonio di conoscenze relativo alle piante reperibili nella propria zona, sul loro impiego e sulle modalità di raccolta.
I procedimenti secondo i quali le piante venivano trasformate per poi essere utilizzate nella preparazione dei rimedi medicinali erano e restano fondamentali per l’efficacia degli stessi.
Le stesse tecniche di preparazione e di applicazione delle tisane, dei decotti e delle pomate, erano molto semplici ma efficaci e sono in sostanza le stesse che si utilizzano ancora oggi.

La medicina popolare sopravvive all’avvento della medicina ufficiale affermatasi a partire dall’inizio del 1200 (quando nacquero le prime Università), infatti i ceti più bassi, legati all’economia agricola continuarono a praticare l’autoterapia attraverso l’uso delle erbe officinali o grazie all’intermediazione di guaritori.

Nella medicina popolare la componente magica operava l’allontanamento delle forze maligne, considerate come le cause della malattie, mentre alle proprietà delle piante era affidato il compito di curare i sintomi. In certi casi anche la medicina ufficiale ricorreva ai rimedi erboristici popolari prima e dopo l’avvento della chimica.
 

giovedì 20 ottobre 2011

Gli INDIGNATOS spiegati in 10 Libri

Black bloc e indignados, anarcoinsurrezionalisti e anarchici, protesta e rivolta: sono parole frequenti in questi giorni, sui giornali come nelle conversazioni per strada: spesso usate modo confuso. Siamo andati in magazzino a cercare libri capaci di spiegare meglio i significati di questi termini e in generale quello che sta accadendo.  Iniziamo dalla parola indignati:
1. Stéphane Hessel, Indignatevi!
L’ultranovantenne Hessel spiega ai più giovani di lui perché nel 2011 è venuto il momento di indignarsi. Caso letterario in Francia, divenuto uno dei libri più venduti d’Europa.
2. Emiliano Bazzanella, IndignateviIl titolo è pressoché identico a quello del libro di Hessel, manca solo il punto esclamativo, ma stavolta l’invito all’indignazione arriva dal filosofo Bazzanella, da sempre attento ai problemi sociologici figli della globalizzazione.
3. Massimo Ottolenghi, Ribellarsi è giusto
Ottolenghi (nato nel 1915) è un po’ lo Stéphane Hessel italiano. La sua è allo stesso tempo un’ammissione di colpa da parte della generazione cui appartiene ma anche un accorato appello ai giovani.
4. Donatella Bersani, Indignate
Qui l’indignazione è femminile: la necessità di una mobilitazione per diritti della donna spiegata da una donna a tutte le altre donne indignate come lei: “è arrivato il momento di dire basta”.
5. Loretta Napoleoni, Il contagio – Perché la crisi economica rivoluzionerà le nostre democrazie
L’indignazione spiegata da un’economista. Le rivoluzioni del Nordafrica possono contagiare anche l’Europa? Secondo Loretta Napoleoni è praticamente inevitabile. In questo libro ci spiega perchè.
6. Dimitri Deliolanes, Come la GreciaOvvero: “quando la crisi di una nazione diventa la crisi di un intero sistema”. La Grecia, colpita da una catastrofe finanziaria forse irreversibile, da oramai due anni assiste agli scontri in piazza fra manifestanti furiosi con i politici e forze dell’ordine: l’Italia rischia lo stesso destino?
7. Zygmunt Bauman, Capitalismo parassitario
La crisi economica ma anche culturale del capitalismo spiegata da uno dei più grandi sociologici viventi.
8. Gian Antonio Stella e Sergio Rizzo, Licenziare i padreterni
Dopo La Casta, continua il viaggio dei due giornalisti Stella e Rizzo alla scoperta di motivi di indignazione nei confronti dei politicanti e della classe dirigente italiana.
9. Alessandro Robecchi, Piovono pietre. Cronache marziane da un paese assurdo.
La spietata indignazione di Alessandro Robecchi qui è rivolta verso l’intera Italia, popolazione compresa. Ma Robecchi ha il dono prezioso dell’ironia, e il libro riesce anche a stappare amari sorrisi.
10. Jacques Attali, Come finirà?Bella domanda. Questo libro rappresenta la previsione di uno dei più eminenti saggisti in materia su cosa accadrà alla società occidentale travolta dalla crisi economica. L’edizione italiana include anche un capitolo speciale, dedicato alla situazione nel nostro paese.
Conosci altri libri adatti ad integrare queste letture? Puoi scriverci usando i commenti.

Rabbia - che cos'è la rabbia

Rabbia - che cos'è la rabbia

mercoledì 19 ottobre 2011

ROMA 15 10 2011





La parola "rabbia" deriva dal sanscrito "rabbahs", che significa "fare violenza".



Come coltivare reazioni emotive intelligenti

Daniel Chabot

Ediz. Punto d' incontro
Prezzo  12,90 €

ISBN: 8880933566
Pagine: 160 pp. - 17 x 22 illustrato
Contenuti del libro:

Come coltivare reazioni emotive intelligenti


Le emozioni ci accompagnano in ogni minuto della nostra vita. Esse giocano un ruolo fondamentale nell'equilibrio e nella salute delle persone. Illuminano l'esistenza, portandoci al settimo cielo, ma possono anche renderla oscura e insopportabile, arrivando al punto di condizionarla pesantemente. È dunque paradossale che, considerato il forte legame che ci unisce alle nostre emozioni, esistano così poche possibilità di imparare a conoscerne la natura, a sapere come funzionano, come ci influenzano, come interferiscono nei rapporti con gli altri. Non esistono materie scolastiche che ci insegnino a prendere consapevolezza del nostro piano emotivo. E allora, come fare per coltivare reazioni emotive intelligenti?
In questo piacevole e utilissimo manuale, impariamo in modo chiaro e conciso a riconoscere e a sviluppare la nostra intelligenza emotiva e quindi a usare in modo consapevole e vantaggioso le emozioni, ovvero quella parte profonda di noi stessi che di solito trascuriamo per sviluppare quasi esclusivamente la razionalità. Dato che le emozioni sono parte integrante del nostro essere, è assai importante e vantaggioso imparare a gestirle in maniera proficua, senza reprimerle o permettere che prendano il sopravvento.
Come coltivare reazioni emotive intelligenti offre un'efficace percorso pratico in cinque tappe, per mettere a frutto l'intelligenza emotiva nella vita di tutti i giorni, consentendoci di affrontare situazioni prima considerate incontrollabili o imprevedibili e di mantenere una sana e costante "igiene emotiva". Impareremo a identificare gli stimoli condizionati e a disinnescarli, a individuare i pensieri irrazionali in modo da modificarli e a predisporci verso ciò che non possiamo controllare o prevedere, così da non lasciarci sopraffare dalle emozioni che ne possono nascere.

lunedì 10 ottobre 2011


Se vi piace toccare i libri, e lo state facendo anche ora, sapete di cosa parliamo. Libri. Da leggere, da sfogliare, da desiderare e da possedere, da perdere, prestare e regalare. Libri da contare, da sistemare, da classificare. Amici per una vita o incontri di un solo giorno, ricordati per sempre o subito dimenticati; libri illeggibili, letti e riletti...
Nella passeggiata lungo queste pagine incontriamo tanti lettori illustri, curiosiamo nelle loro biblioteche e veniamo a sapere delle loro buone e cattive abitudini di lettura, talvolta così simili alle nostre. Quanti libri è possibile leggere in una vita? In che modo disporli? Come fare quando sono troppi? Ci piacciono di più tenuti come nuovi o un po’ maltrattati? Bisogna davvero leggerli tutti, o certi sono fatti apposta per non esserlo? Jesús Marchamalo racconta gli intrecci e i personaggi della grande storia d’amore fra libri e lettori con la divertita partecipazione di un innamorato che la sa lunga, e argutamente ci ricorda che come tutte le passioni, anche questa dev’essere assaporata con un po’ di sana ironia.





Gary Snyder
La Pratica del Selvatico
buono selvatico sacro
FioriGialli edizioni
Pag. 240
Formato: 14,5 x 21 cm.
Anno: 2011
ISBN: 978-88-6118-010-9


€. 16.00

 

Novità



“Le nostre capacità, le nostre opere, sono solo minuscoli riflessi del mondo selvatico, il cui ordine è innato e libero. Nessuna esperienza è paragonabile a quella di abbandonare il sentiero e dirigersi verso una parte nuova del territorio. Non per la novità in sé, ma per provare la sensazione del ritorno a casa, alla totalità del nostro ambiente. “Fuori dal sentiero” è un altro nome della Via, e nel vagabondare fuori dal sentiero sta la pratica del selvatico. Laddove - paradossalmente - svolgiamo il nostro lavoro migliore. Ma i sentieri e le vie sono necessari e li manterremo sempre. Bisogna prima camminare sul sentiero, per poi svoltare e inoltrarsi nel selvatico”.

“… si tratta di capire la differenza di significato, sottile ma cruciale, fra natura e selvatico. La natura, si dice, è oggetto della scienza: può essere studiata in profondità, per esempio dalla microbiologia. Il selvatico invece non è trasformabile in oggetto o in soggetto: per avvicinarsi a esso dobbiamo accettarlo internamente, come qualità intrinseca di ciò che siamo. La natura, in definitiva, non è affatto minacciata; la wilderness sì. Il selvatico è indistruttibile, ma possiamo non essere più in grado di vederlo”.

“Vivere in una cultura della wilderness è sempre stato un aspetto fondamentale dell’esperienza umana. Per centinaia di migliaia di anni non c’è stata wilderness senza qualche forma di presenza umana. La natura non è un posto da visitare, è casa nostra”.

“I nostri corpi sono selvatici. Il gesto involontario e veloce di girare la testa se sentiamo un grido, la vertigine se guardiamo in un precipizio, il cuore-in-gola nei momenti di pericolo, il riprendere fiato, i momenti tranquilli di quiete, quando ci rilassiamo e riflettiamo - sono tutte risposte universali di questo corpo mammifero. Si osservano in tutti i mammiferi. Il corpo non ha bisogno dell'intercessione di un intelletto conscio per respirare, per far battere il cuore. Per moltissime cose si regola da solo, ha una sua vita. Sensazione e percezione non vengono esattamente da fuori, e il continuo flusso di pensiero e immagini non è esattamente esterno. Il mondo è la nostra consapevolezza, e ci circonda. Ci sono più cose nella mente, nell'immaginazione, di quante “tu” ne possa controllare - pensieri, ricordi, immagini, rabbia, delizie, sorgono non chiamati. Le profondità della mente, l'inconscio, sono le nostre aree di wilderness interna, e questo è il posto dove la lince si trova in questo preciso momento. Non intendo linci personali all'interno di psiche personali, ma la lince che si muove di sogno in sogno. L'agenda pianificata dell'io conscio occupa un territorio molto esiguo, una celletta accanto al cancello interno della mente, e conserva qualche traccia di ciò che entra ed esce (e a volte fa progetti espansionistici) e il resto si arrangia da solo. Il corpo sta, per così dire, dentro la mente. Entrambi sono selvatici”.

“Le lezioni che impariamo dal mondo selvatico diventano il galateo della libertà. Possiamo godere della nostra umanità, del suo cervello favoloso e della sua sessualità vibrante, le sue ambizioni sociali e i suoi malumori ostinati, e considerarci né più né meno come gli altri esseri nel Grande Spartiacque. Possiamo accettare gli altri come esseri uguali a noi, che dormono a piedi nudi sulla stessa terra. Possiamo rinunciare alla speranza di diventare eterni e smettere di combattere la sporcizia. Possiamo tenere alla larga le zanzare e i parassiti senza odiarli. Senza aspettative, attenti e sufficienti, riconoscenti e premurosi, generosi e diretti. Calma e chiarezza ci appartengono nel momento in cui, tra un lavoro e l'altro, ci puliamo le mani dal grasso e guardiamo in alto le nuvole che passano. Un'altra gioia è prendere finalmente una tazza di caffè con un amico. Il mondo selvatico ci chiede di conoscere il terreno, di fare un cenno di saluto a tutti gli animali, a piante e uccelli, di attraversare i torrenti e salire sui crinali e di raccontare una bella storia quando ritorniamo a casa”.





UN AUDIOLIBRO PER RIEMPIRE DI LUCE UNO DEI TESTI PIÙ SAGGI MAI SCRITTI
GRAZIE ALLA  VOCE INTENSA ED EVOCATIVA DI ENZO DECARO E ALLA TRADUZIONE DI PAOLA GIOVETTI. MUSICHE ORIGINALI DI RICCARDO CIMINO.


 
Uno dei testi più saggi mai scritti e uno dei più grandi doni mai fatti all’umanità riproposto al pubblico italiano grazie alla preziosa traduzione di Paola Giovetti nell’interpretazione di Enzo Decaro con le Ambientazioni Sonore di Riccardo Cimino.
In poche e illuminanti massime, utilizzando la forza del paradosso, Lao Tse, in quest’opera tanto semplice quanto profonda, illustra la sequenza con cui da un Tao misterioso e indefinibile hanno avuto origine tutte le cose del mondo e, fra queste, l’uomo.
Offre una risposta a ogni problema della vita, una soluzione a ogni situazione. Un cd da ascoltare e un libretto da portare ovunque, come balsamo per le ferite che ci colgono impreparati, come lucciole da seguire per orientarci nel buio.
Il Tao che può essere seguito non è l’eterno Tao. Il nome che può essere nominato non è l’eterno nome. Senza nome è l’origine del Cielo e della Terra, quando ha nome, è padre e madre di miriadi di esseri e cose. Così, costantemente senza desideri, puoi vedere il mistero, costantemente desiderando, vedi le manifestazioni. Sono la stessa cosa, ma quando si manifestano portano nomi diversi. L’unità è il mistero, mistero nel mistero.

sabato 8 ottobre 2011

VENDERE L' ANIMA il mestiere del libraio

Descrizione del libro

"Questo è un libro importante, in cui Romano Montroni, che per quarant'anni ha cresciuto con intelligenza e passione i librai delle Librerie Feltrinelli, mostra come si organizza il lavoro in libreria, come si serve il cliente, quali sono le tecniche di gestione e soprattutto cosa si veicola con il libro, questo oggetto che molti danno in via di estinzione per il prevalere e il dominare, oggi, del mondo delle immagini sul mondo della scrittura e della lettura."
(Umberto Galimberti )
"Leggere Romano Montroni che parla del mestiere del libraio è un po' come leggere Dante che spiega come scrivere un poema in tre cantiche , Cellini che parla del mestiere dell'orafo, o -per essere modesti- Landru che racconta come si uccide una moglie."
(Umberto Eco)

"Ogni libraio, anche il meno colto, e perfino l'eventuale libraio non lettore, è comunque un intellettuale (partente stretto del bravo bibliotecario), perché possiede un criterio, stabilisce nessi e parentele tra i libri, simpatizza e antipatizza per titoli dei quali sa oppure intuisce il valore e la funzione, suggerisce generi, instrada il lettore verso la pagina."
(Michele Serra)

"Lo scrittore è l'arco, il libro la freccia, il cliente è la mela, il libraio e quello che tiene in testa la mela"
(Stefano Benni)

...Qualche commento

Un manuale tecnico per insegnare (o, quantomeno, illustrare) un mestiere romantico.
il libro, dal titolo affascinante e appassionato, si snoda (con molte, troppe ripetizioni) nella contrapposizione tra nozioni professionali e concetti economici da un lato e scelte culturali e comportamenti passionali dall'altro.
peccato l'esperienza dell'autore lo porti a soffermarsi maggiormente sulla vita della grande libreria a discapito della realtà di quella indipendente, di cui si trova maggior traccia negli interventi in appendice di altri librai, editori e scrittori. così, a salvaguardare il fascino del libraio sono proprio costoro, mentre l'autore, fornendo un mare di consigli pratici (indubbiamente utilissimi per chi volesse intraprendere tale carriera), finisce per smitizzare quest'arte riducendone l'attrattività.
d'altro canto, una libreria è un'impresa, i cui conti economici occupano la medesima importanza della bellezza di scegliere l'assortimento e la sua composizione a scaffale, e, d'altro canto, questo non è un romanzo con protagonista un vecchio libraio, ma un manuale per futuri librai.
visto solo sotto questa luce, privandolo di quel titolo appassionato e dell'immagine sentimentale che i cultori di libri e librerie hanno dei librai, è un manuale completo, dettagliato, chiaro e, naturalmente, a tratti noioso.
(Marco)

  • ISBN-13: 9788842079842

  • Editore: Laterza

  • Prezzo: € 15.00

  • sabato 20 agosto 2011



    Accade di tanto in tanto che un libro semplicemente "spacchi" la routine. Adesso è il momento di "Differente" di Youngme Moon, un testo per "persone che non leggono libri di business", un libro che sembra una conversazione intima con un amico che ha riflettuto su come funziona il mondo, e che ti conduce a vederlo in un modo completamente nuovo. Se c'è una convinzione comune che pervade ogni impresa, in ogni settore, è l'importanza di "competere come pazzi" per differenziarsi. Tuttavia, questo testa-a-testa con i concorrenti su funzioni, quantità, prezzi e ogni altro aspetto di prodotti e servizi - ha l'effetto perverso di rendervi uguali a chiunque altro. Il messaggio di Youngme Moon è semplice. Uscite da questo meccanismo che non vi sta portando da nessuna parte. Aspirate a offrire al mondo qualcosa di significativamente differente - differente in un modo che sia insieme fondamentale ed esauriente. Lungo la strada, questa premiata docente e innovatrice attinge alle sue ricerche, ai suoi case study e alle sue esperienze per tessere una ragnatela di storie di imprese "alternative", mavericks e iconoclasti che hanno profondamente rigettato l'ortodossia in favore di un approccio più avventuroso, con coraggio, immaginazione e passione. Il risultato è una decostruzione mozzafiato della strana e meravigliosa cultura in cui viviamo e consumiamo, una "fotografia" della differenziazione diversa da qualunque altra si possa trovare nel business oggi.

     

    Drive

    La soprendente verità su ciò che ci motiva sul lavoro e nella vita

    • Daniel H. Pink
    •  21,00 euro

    Dettagli

    Come motivate i vostri collaboratori? E come fate con i vostri figli/genitori/ vicini? Usate ricompense materiali, incentivi in denaro, premi di “produzione”?
    Male. Siete sulla strada giusta per non ottenere risultati e peggiorare la performance di chi lavora per voi o di chi volete spingere verso un obiettivo.
    Dopo Daniel Goleman che ha cambiato per sempre la nostra idea di intelligenza, e Malcolm Gladwell che ha trasformato quella di conoscenza, Dan Pink rivoluziona tutte le nostre convinzioni sulla motivazione: non solo “il bastone e la carota” non funzionano, ma spesso possono addirittura essere controproducenti.
    Con stile brillante, esempi concreti e osservazioni sorprendenti, il libro dimostra che le persone sono spinte al successo non da promesse monetarie ma dalla “motivazione intrinseca” – cioè dal profondo bisogno umano di dirigere la propria vita, di imparare e di creare nuove cose – e spiega con consigli concreti come agire su questa leva.
    Uno di quei rari libri che può trasformarci la vita, a tutti i livelli: in famiglia e al lavoro, come singoli individui o membri di organizzazioni complesse.

    Mercanti e sacerdoti

    Breve storia del teatro e della festa

    di Paolo Zenoni
    Prezzo: 18,00 Euro

    I "mercanti e sacerdoti" del titolo sono gli attori e tutti coloro che, con ruoli diversi, hanno percorso dalle origini le vie sociali della teatralità, accomunati da un disegno alto e umanissimo: procurarsi da vivere accompagnando gli altri alla ricerca della loro spiritualità, individuale e collettiva.

    Spiritualità che emerge, nelle società arcaiche come in quelle contemporanee, in un tempo speciale, quello della festa. Teatro e festa hanno avuto un millenario percorso comune e forse dovranno tornare ad averlo.

    Il volume presenta la storia del teatro, in particolare italiano, a partire dalla tradizione greca e latina, secondo una lettura socio-antropologica che la connette al rito e al concetto di sacro e che vede la teatralità realizzarsi nel tempo forte della festa. Di quest'ultima analizza le origini e le trasformazioni, soprattutto nazionali, nella loro versione devozionale, civile e politica.

    In breve

    • Per un’idea di teatro/festa
    • Il percorso comune
    • Il distacco
    • Il percorso del teatro…
    • … e quello della festa
    • Per un rapporto tra teatro-festa e società
    • Lasciate che la pioggia cada su questi boschi!
    • Questioni preliminari e conseguenti

    L'autore

    Paolo Zenoni, operatore, autore e regista teatrale, ha fondato e lavora presso Appi - Milano, Ente di Promozione Teatrale Nazionale, e insegna Discipline dello Spettacolo presso la Facoltà di Sociologia dell'Università degli Studi di Milano-Bicocca.


    Csikszentmihalyi, psicologo comportamentista, teorico della felicità e del benessere, traspone in questa nuova opera le tematiche della felicità e del benessere nel mondo del lavoro, nelle pratiche quotidiane aziendali e in genere lavorative. I veri leader, quelli "visionari" sono quelli che riescono a gestire le imprese in modo da raggiungere un duplice risultato: il successo economico e un comportamento umano eticamente corretto. Per arrivare a questo obiettivo bisogna attenersi a tre principi fondamentali che consentono di ristabilire l'equilibrio fra l'aspetto materiale e quello spirituale dell'attività economica: perseguire un fine che arrechi benefici all'intera società e ispiri la forza lavoro a fare del suo meglio; guadagnare la fiducia e il rispetto dei dipendenti, favorendone la crescita nel luogo di lavoro; creare un prodotto che non serva soltanto a generare ricavi, ma che giovi sostanzialmente al genere umano.
     
     

    FLOW (quando si raggiunge lo stato di grazia)

             
              Tratto dal sito http://www.in-psicoterapia.com/
    Inserendosi all’interno del dibattito della socio-psico-biologia, gli autori danno un contributo interessante agli studi sulla "selezione culturale", attraverso varie ricerche e metodologie per indagare l’esperienza, il vissuto delle persone nel loro ambiente, proponendo la "teoria" del flusso di coscienza e due questionari: il Flow Q (questionario dello stato di flusso di coscienza) e l’ESM (experience sampling method).
    I tre fattori: genetico, culturale, psicologico, sono considerati ugualmente responsabili dell’evoluzione umana; infatti, studiando il fattore finora più trascurato (la mente, la coscienza), gli autori cercano di pareggiare il conto evitando "riduzionismi" ed "essenzialismi".
    Il volume si presenta come "un viaggio nella dimensione dell’esperienza umana". L’ESM viene proposto come uno strumento per la rilevazione e la mappatura di questa dimensione; mentre la "teoria" del flusso di coscienza intende offrire indicatori preziosi per comprendere le motivazioni, gli orientamenti e la selezione alla base dell’esperienza quotidiana.
    Punto di partenza dello studio dell’esperienza è, ovviamente, la definizione di questa: "definiamo "esperienza" la focalizzazione dei processi di attenzione sulle interrelazioni dei dati presenti nella coscienza" (p. 370). Coscienza e attenzione sono considerati due sistemi interagenti: lo stato di coscienza dipende dal funzionamento dei processi selettivi, dal loro focalizzarsi su certi oggetti esterni o interni e non su altri.
    Questa osservazione contiene implicazioni molto generali rispetto alla selezione culturale: "Ogni sistema sociale per poter sopravvivere ed evolvere deve cioè essere in grado di attrarre positivamente l’energia psichica degli individui sulle istruzioni culturali che lo conformano e caratterizzano. I valori, le norme, le istituzioni di una cultura, in altre parole la memoria culturale extrasomatica, esistono e si trasmettono nel tempo in funzione delle modalità di investimento di energia psichica individuale, "dipendendo così dalla stessa fonte da cui dipende l’esperienza individuale"" (374).
    In questo senso diventa ineludibile un’analisi dei sistemi motivazionali che sottostanno al comportamento umano, in quanto l’orientamento dell’attenzione su uno scopo definisce la motivazione e quindi la spinta al comportamento. Per gli autori le motivazioni endogene derivano da intenzioni e scopi che il soggetto sente nascere dal proprio interno. Sarebbe tuttavia auspicabile un ulteriore sforzo di articolazione relativo all’aspetto psicologico-culturale delle motivazioni: il significato che una certa condotta assume per l’individuo al di là della gratificazione immediata e al di là delle implicazioni psicobiologiche dell’esperienza. Un tipo particolare di motivazione endogena è quello stato psicologico "ottimale" chiamato flow (flusso di coscienza), che, per gli AA., non sembra a sua volta orientato da una "motivazione ottimale": tale stato sarebbe talmente gratificante da essere ricercato in svariati modi, indipendentemente da una motivazione orientata alla crescita (meta-bisogni). La sua descrizione da parte di soggetti impegnati nelle più diverse attività (alpinismo, jogging, studio…) ha permesso agli autori di giungere a una definizione "trasversale" dell’esperienza flow:
    a) l’attenzione è completamente concentrata su un campo di stimoli limitato;
    b) il soggetto è completamente immerso nella situazione;
    c) si sente in controllo delle proprie azioni e dell’ambiente;
    d) scompare l’io ordinario con le sue preoccupazioni;
    e) la gratificazione è legata all’esperienza stessa,
    f) la situazione è chiara, non conflittuale o contraddittoria;
    g) vi è equilibrio fra la percezione della difficoltà della situazione e del compito (challenge) e le capacità personali (skills).
    Proprio il vissuto di equilibrio tra challenge e skills permetterebbe l’instaurarsi dello stato di flusso. "Tre sono quindi gli elementi fondamentali delle situazioni di flusso di coscienza: un grande investimento di attenzione sulla situazione in atto; una sensazione di benessere e di soddisfazione personale; la presenza di un impegno a cui corrispondono capacità personali adeguate" (p. 383).
    L’attività che permette di esperire uno stato di flusso tenderà ad essere ripetuta; fino a che il livello di complessità può seguire l’innalzamento delle capacità. Il risultato di questa "escalation" è una crescente complessificazione sia dell’individuo (i suoi skills) che delle attività o compiti (challenges). In tal senso, lo sviluppo del comportamento è inteso come un progressivo aumento di complessità del sé individuale: attraverso lo stato di flusso di coscienza si realizzerebbe lo sviluppo del sé. Qui il termine sviluppo è sinonimo di complessificazione e di aumento di capacità, non fa riferimento a una dimensione etico-spirituale (l’autorealizzazione), sottolineata dalla prospettiva transpersonale.
    Gli autori rilevano come lo stato di flusso rivesta un ruolo fondamentale anche per lo sviluppo di una intera cultura, in quanto il processo di evoluzione culturale sarebbe interrelato ai processi di selezione psicologica umana: "lo sviluppo del sé, la crescita individuale rappresenta un processo di evoluzione conseguente a una continua selezione: la selezione psicologica" (p. 446). Lo sviluppo appare come la risultante di una continua interazione tra skills e challenges, ambedue di complessità elevabile all’infinito.
    In questo senso, come già notavamo, attività molto diverse sono assimilate, trascurando il significato peculiare che ognuna riveste nel progetto esistenziale dell’individuo. Così "meditare" e "guardare la TV" rischiano di essere considerate egualmente attività di flow, e come tali poco distinguibili nella loro funzione evolutiva (psicologica e culturale). Le ricerche condotte con l’ESM e il Flow Questionnaire evidenziano, infatti, le regolarità nel fluire dell’esperienza quotidiana, la frequenza dello stato di flusso e i diversi tipi di attività a cui questo si associa; in definitiva il flow è visto, aspecificamente, come un "attrattore" della evoluzione individuale e, contemporaneamente, della selezione culturale.
    Diverse ricerche (presso gli indiani Navajo e su un campione thailandese) hanno evidenziato la validità transculturale del costrutto "stato di flusso", mentre in una ricerca su un campione di tossicodipendenti gli autori hanno mostrato differenze sostanziali tra l’esperienza ottimale connessa all’assunzione di droga e quella connessa ad attività lavorativa. Questo tipo di ricerca differenziale consentirà di specificare sempre di più le differenze qualitative (in termini di attribuzione di significato) tra i diversi stati di flusso e la loro valenza evolutiva.
    Quanto finora acquisito riguardo alle condizioni che facilitano lo stato di flusso (controllo, concentrazione, immersione totale, coltivazione di competenze), viene esemplificato da uno studio sulla storia dei gesuiti (che apre a considerazioni e a un lessico meno darwinista), ovvero: la disciplina come condizione per l’insorgenza del flow. "La tesi che vogliamo sviluppare è che le regole gesuitiche fornivano un insieme ottimale di condizioni per cui i giovani che si accostavano a esse potevano vivere la totalità della loro esistenza come un’unica esperienza di flusso di coscienza [...] La Compagnia di Gesù è un esempio di un’istituzione che cercò di organizzare tutta l’esperienza globale di una persona come un insieme di regole che comprendono ogni aspetto della realtà. Il suo successo dipende dalla capacità di integrare le esistenze dei propri membri in un progetto stimolante, impegnativo e unitario" (p. 472). L’indeterminazione, l’incertezza sulla direzione della condotta umana è una delle fonti principali di ansietà e di malessere. I gesuiti crearono uno stile di vita coerente e ordinato sostenuto da una concezione del mondo molto chiara. Attraverso: la strutturazione e l’orientamento dell’attenzione, i feedback chiari da parte dei superiori, il perfezionamento della ragione (studio e capacità logiche), il coinvolgimento nei problemi sociali, gli esercizi spirituali.
    I processi attentivi costituiscono lo strumento per ordinare, strutturare l’esperienza e la condotta. Infatti la psicosi viene interpretata, dagli autori, come una "comune incapacità di concentrazione e focalizzazione dell’attenzione [...]; individui che non sono in grado di identificare nella propria vita opportunità d’azione su cui potersi concentrare e su cui investire la propria energia psichica possono incorrere con maggiore facilità in quadri patologici rispetto a soggetti che tendono a ricercare attivamente nell’ambiente challenges cui applicare le proprie risorse psichiche" (p. 566-567).
    Nella vastità dei riferimenti culturali in cui la proposta di questo volume si muove, ci sembra che un ulteriore approfondimento possa venire dal confronto di questo orientamento di ricerca col ricco humus epistemologico della psicologia culturale, col paradigma della complessità e con la psicologia transpersonale. Inoltre, la considerazione di alcune posizioni filosofiche, etiche, religiose, potrebbe dare indicazioni sulla valutazione (qualitativa) dei diversi tipi di flusso (regressivi o evolutivi?), sul loro indirizzo evolutivo, in un senso etico-religioso più che darwiniano, come sviluppo spirituale e sapienziale.

    Michele Cavallo

    venerdì 19 agosto 2011

    Una proposta di legge per la NATUROLOGIA


    La Naturopatia – o sarebbe meglio dire la Naturologia, in quanto alla lettera significherebbe lo studio della natura e quindi dei rimedi naturali, e di conseguenza l’operatore si chiamerebbe il Naturologo - è una disciplina antica che intende insegnare le varie tecniche per ripristinare l’equilibrio energetico dentro di noi e per migliorare quello esistente, nella promozione di un migliore benessere.
    Prende le mosse anche dalla scuola medica salernitana, che già dal XIII secolo ammoniva che per stare bene occorreva avere ”Mens sana in corpore sano” e cioè, diremmo oggi, una: ”Mentalità sana in un corpo sano”. La Naturopatia fa suo questo antico precetto e pertanto intende risvegliare l’attenzione di tutti, su quelle che sono le regole, i ritmi e le coordinate naturali per tentare di soffrire di meno, di vivere meglio e di garantirsi una serena vecchiaia.
    le arti e discipline naturologiche o bio-naturali
    sono un settore emergente con un ritmo di cresci-
    ta particolarmente intenso e per questo degno di
    attenzione.
    In special modo nell’ultimo decennio si sono
    affermate e diffuse, nella quotidiana realtà sociale,
    numerose arti, attività, discipline, stili di vita, ge-
    nerate dalla evoluzione e ricerca della cultura po-
    polare, sociale e dall’afflusso di nuove esperienze,
    esterne, generate dall’interscambio sempre più
    attivo, tra culture e società di tutto il globo, grazie
    al progresso tecnologico.
    Dopo aver monitorato il territorio regionale e
    nazionale ed esserci confrontati con realtà similari
    già  inquadrate  in  altre  regioni  ed  in  Europa  ne
    viene fuori un quadro estremamente eterogeneo e
    complesso che necessita, da parte delle istituzio-
    ni, di un’attenzione maggiore particolare.
    Queste culture, arti e discipline si denominano
    con nomenclature più o meno appropriate e spes-
    so diverse o esotiche anche se nella sostanza
    culturale ed applicativa sono simili; ciò crea, nel
    cittadino e non solo, una confusione e difficoltà di
    identificazione.
    Nonostante  ciò,  queste  arti  e  discipline
    naturologiche o bio-naturali, hanno in comune:
    a)  il concetto, che è il “naturale”, da alcuni deno-
    minato “biologico”;
    b)  lo scopo, che è il miglioramento della qualità
    della  vita,  stimolato  attraverso  conoscenze,
    pratiche anche manuali e apporto integrativo di
    elementi naturali.
    Per cui si suggerisce di mantenere il termine
    naturale  e  di  utilizzarlo  per  identificare  questo
    eterogeneo  insieme  di  nomi,  definizioni,  arti  e
    discipline.
    Poiché ogni attività umana è innanzitutto cultu-
    ra, si suggerisce il conio del termine “Naturalogia”
    o “Naturologico”.
    Quindi la naturalogia o il naturologico è quel
    settore che raccoglie in un unico insieme quanto
    sia studio, ricerca, cultura, arti pratiche, prassi e
    tecniche esercitate per favorire il raggiungimento,
    il miglioramento e la conservazione del benessere
    globale della persona.
    Perciò si consiglia la identificazione della figu-
    ra del “Naturologo” come termine generale e di
    categoria  per  gli  operatori  del  settore,  così  da
    creare una identità professionale oltre che favorire
    ad identificare con nomi aggiuntivi le varie attività,
    discipline e quanto altro in questo ambito, in modo
    da non generare confusione nel cittadino, in parti-
    colare, per le denominazioni che attualmente, in
    uso comune, sono portatori di espressioni come
    terapeuta, terapia o terapico che iducono a pensa-
    re a cure di tipo medico o sanitarie, oppure bio,
    biologico, in riferimento a quanto già è identificato
    con questi termini.
    Credo opportuno ribadire che la naturalogia e
    le arti o discipline o specializzazioni esercitate dal
    naturologo si prefiggono una identità salutistica
    precisa e distinguibile da ogni altra attività profes-
    sionale nel contesto della salute e del naturale.
    Quindi la naturalogia e le discipline o specia-
    lizzazioni esercitate dal naturologo non si prefig-
    gono la cura di patologie, non sono riconducibili
    alle attività di cura e riabilitazione, né ad attività di
    prescrizione di dieta, né di attività già disciplinate
    da  leggi  come  attività  estetica,  tatuaggio,  pier-
    cing, ecc.
    Le discipline del benessere, arti e discipline
    naturologiche  o  bio-naturali  di  cui  si  occupa  la
    naturalogia ed il naturologo, anche nella loro diver-
    sità ed eterogeneità, si riconoscono e sono fonda-
    te su alcuni principi essenziali e guida come:
    a)  approccio  globale  alla  persona  ed  alla  sua
    condizione;
    b)  avere come scopo il miglioramento della quali-
    tà di vita, che si consegue anche attraverso
    stimolazione delle risorse vitali della persona,
    anche con manipolazioni, massaggi, pressioni
    e sollecitazioni a livello dermico;
    c)  educazione a stili di vita psico-bio-fisici salubri,
    ad abitudini alimentari sane, alla integrazione
    alimentare, al migliore rendimento della strut-
    tura e resistenza allo sforzo ed alla maggior
    consapevolezza dei propri comportamenti per
    il rispetto proprio e dell’ambiente;
    d)  non interferenza nel rapporto medico-paziente
    ed astensione dal ricorso all’uso e prescrizio-
    ne  dei  farmaci  di  qualsiasi  tipo,  in  quanto
    estranei alla competenza del naturologo;
    e)  per il naturologo il possesso di adeguata for-
    mazione che lo identifica come figura profes-
    sionale, che gli permetta di rafforzare la sua
    opera educativa ed evolutiva, per favorire la
    piena e consapevole assunzione di responsa-
    bilità di ciascun individuo in relazione al proprio
    stile  di  vita  e  stimolare  le  risorse  vitali  della
    persona, intesa come entità globale ed indivi-
    sibile.
    Questa  legge,  come  già  in  altre  Regioni,
    Emilia Romagna, Toscana, Lombardia ecc., vuole
    dare risposta, a quattro esigenze:
    1)  dare un nome a tutto un settore così da essere
    immediatamente visibile e distinguibile;
    2)  identificare  le  strutture  ed  entità  associative
    operanti in questo settore dando loro la possi-
    bilità di interagire ed orientarsi nel reciproco
    rispetto in modo che ognuna persegua la didat-
    tica e la formazione in modo orientato;
    3)  riconoscere o istituire la figura professionale
    del “Naturologo” quale operatore delle arti e
    discipline naturologiche o bio-naturali
    4)  tutelare  il  cittadino  nella  qualità  ed  efficacia
    delle attività e degli operatori in queste disci-
    pline.
    Al momento, le arti e discipline naturologiche o
    bio-naturali,  largamente  praticate,  sono  regola-
    mentate solo sotto il profilo economico e fiscale,
    ciò, però, non tutela il cittadino sulla qualità del
    servizio, neanche sotto il profilo culturale.
    A  fronte  di  richiesta  sempre  più  grande  ed
    elevato aumento dei praticanti (a volte improv-
    visatori), corre obbligo a questa istituzione, che ha
    come compito fondamentale quello di garantire ai
    cittadini la tutela nei diversi interessi, di istituire,
    almeno, organismi di controllo il cui compito sia
    verificare che le attività per il pubblico siano con-
    formi alle regole e alle categorie culturali su cui si
    fonda la società.
    Per questo è necessario un controllo ed una
    regolamentazione pubblica. Questa è la finalità di
    questa legge che definisce negli articoli:
    articolo 1: finalità;
    articolo 2: definizioni e principi in riferimento
    alla definizione di naturalogia e di naturologo;
    articolo 3: profilo professionale e competenze;
    articolo 4: funzioni e compiti della Regione con
    cui l’istituto regionale dispone organi di rappresen-
    tanza e di governo con un comitato di rappresen-
    tanza e con la istituzione di appositi registri per gli
    enti di formazione e i professionisti;
    articolo 5: composizione e compiti del comi-
    tato;
    articolo 6: compiti delle commissioni specifi-
    che di disciplina;
    articolo 7: registro dei naturologi ed operatori in
    discipline bio-naturali;
    articolo 8: registro degli enti di formazione;
    articolo 9: iter formativo;
    articolo 10: intese interregionali;
    articolo 11: norme di salvaguardia;
    articolo 12: forme di intervento regionale;
    articolo 13: norma finanziaria;
    articolo 14: norme transitorie.REGIONE  MARCHE — 4 — CONSIGLIO REGIONALE
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    Art. 1
    (Finalità)
    1. La Regione, nel promuovere la qualità della
    vita delle persone, migliorare le attività tese alla
    conservazione della salute, del benessere ed as-
    sicurare ai cittadini, che intendono accedere al-
    l’apprendimento e all’esercizio corretto e profes-
    sionale  delle  stesse  pratiche  finalizzate  al  rag-
    giungimento del benessere, individua con la pre-
    sente legge le strutture didattiche e le attività, di
    seguito denominate arti e discipline naturologiche
    o bio-naturali o discipline del benessere.
    2. Tali attività e studi hanno per finalità il man-
    tenimento ed il recupero dello stato di benessere
    della persona, non hanno carattere di prestazioni
    sanitarie, tendono a stimolare le risorse vitali d del-
    l’individuo con metodi ed elementi la cui efficacia
    sia stata verificata nei contesti culturali e geografi-
    ci in cui le discipline sono sorte o si sono sviluppa-
    te o dalla tradizione popolare accettate o pratica-
    te.  Tale  insieme  ha  una  caratteristica  socio-
    culturale comune che da sempre è stata popo-
    larmente identificata come “naturale”, sia nel terri-
    torio italiano che nella comunità europea, per cui
    di fatto si può definire con “Naturalogia” o “Natu-
    rologia”, studio del naturale, da cui il termine di
    “Naturologo” per gli operatori del settore. Questa
    definizione del contesto didattico-filosofico e pro-
    fessionale operativo, oltre a dare una identità spe-
    cifica  alla  tradizione  evolutiva  popolare  ed  alla
    professione, pone, anche, una immediata lettura
    delle arti, attività e discipline del benessere o bio-
    naturali differenziandole dalle discipline a presta-
    zioni  sanitarie,  perché  non  contengono  termini
    come terapia, da altri contesti, perché non con-
    tengono suffissi che possano far pensare al conte-
    sto delle culture biologiche o similari.
    Art. 2
    (Definizione e principi)
    1. Per naturologia si intende l’insieme dei con-
    cetti, studi, arti, pratiche, tecniche, metodi e mo-
    delli di vita e comportamenti inseriti nel concetto
    del naturale, che sempre più si evolve, per garanti-
    re o migliorare la qualità della vita.
    2.  Il  naturologo  è  un  operatore  salutistico  o
    della salute o del benessere, non sanitario, che
    utilizza la naturologia, arti e pratiche, che stimola-
    no o aiutano le risorse naturali dell’individuo, mira-
    te  al  fisiologico  stato  di  salute-benessere,  alla
    difesa ed al ripristino delle migliori condizioni della
    persona, alla integrazione armonica negli stati diREGIONE  MARCHE — 5 — CONSIGLIO REGIONALE
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    VIII LEGISLATURA — DOCUMENTI — PROPOSTE DI LEGGE E DI ATTO AMMINISTRATIVO — RELAZIONI
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    disagio  psicofisico  e,  quindi,  tecniche  o  cono-
    scenze volte a generare una migliore qualità della
    vita.
    3. Il naturologo opera nei seguenti ambiti:
    a)  educativo: educare le persone a conoscere e
    gestire il proprio equilibrio psicofisico indican-
    do i comportamenti più idonei da seguire;
    b)  preventivo: riconoscere in stili di vita inadeguati
    la causa sempre più frequente di un peggiora-
    mento della qualità della vita ed insegnare ai
    clienti stili di vita e metodiche per il recupero
    ed il mantenimento di condizioni di benessere;
    c)  assistenziale: aiutare il cliente o il dolente a
    riconoscere i propri eventuali squilibri psico-
    fisico-emozionali o predisposizioni ad essi e
    proporre ed applicare metodiche dolci o prassi,
    per favorire il ripristino fisiologico dell’equilibrio
    e del benessere secondo una visione naturo-
    logica globale della persona.
    Art. 3
    (Profilo professionale e competenze)
    1. Il naturologo è in possesso di un diploma
    conseguito presso un istituto pubblico o privato
    accreditato, al termine di un percorso formativo
    quadriennale di 3.200 ore, di cui 200 di pratica,
    dopo il superamento di verifiche annuali e di un
    esame finale con discussione di una tesi e conse-
    guente valutazione di merito.
    2. Il naturologo accompagna, indirizza e pro-
    muove l’individuo al benessere e al mantenimento
    della salute attraverso:
    a)  l’osservazione e la definizione del terreno e
    della costituzione psico-bio-fisica per una valu-
    tazione naturologica del cliente;
    b)  l’educazione e l’informazione su:
    1)  alimentazione ed integrazione naturale;
    2)  igiene;
    3)  attività fisica;
    4)  stili di vita;
    c)  l’educazione all’abitare secondo principi di ar-
    chitettura organica ed ecologica ed in armonia
    con l’ambiente;
    d)  l’utilizzo  di  tecniche  psico-bio-fisiche  quali  il
    massaggio, il rilassamento e la respirazione;
    e)  l’utilizzo di metodi o preparati o rimedi della
    fitoterapia, di integrazione o di orientamento
    alimentare, di olii essenziali per uso interno ed
    esterno, di floriterapia, spagiria o di quanto non
    sia registrato come farmaco;
    f)   lo stimolo delle potenzialità di auto guarigione
    dell’organismo;
    g)  lo sviluppo nel soggetto di una presa di co-
    scienza delle proprie dinamiche relazionali e
    conflittuali.REGIONE  MARCHE — 6 — CONSIGLIO REGIONALE
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    3. Le pratiche svolte dal naturologo non hanno
    carattere  di  prestazioni  sanitarie  ed  anche  se
    hanno una rilevazione di dati ed osservazioni per
    finalità orientative non si prefiggono la diagnosi, la
    cura e la riabilitazione di patologie specifiche, né
    la prescrizione di farmaci o diete.
    4. Il naturologo opera di norma come libero
    professionista o in centri di benessere, palestre,
    centri fitness, centri estetici, strutture termali e di
    balneazione ed in ambiti anche propri e in coeren-
    za con le competenze di cui al presente articolo.
    Art. 4
    (Funzioni e compiti della Regione)
    1. Per realizzare le finalità dell’articolo 1, entro
    novanta giorni dall’entrata in vigore della presente
    legge, la Giunta regionale istituisce presso l’as-
    sessorato alla formazione e lavoro il Comitato di
    coordinamento regionale per la didattica delle di-
    scipline naturologiche e bio-naturali (CCR), di se-
    guito denominato Comitato, come organo di rap-
    presentanza e controllo della didattica e attività
    delle arti e discipline naturologiche o bio-naturali.
    Il Comitato è istituito secondo i principi di sussi-
    diarietà, partecipazione e responsabilità, con cura
    di garantire, tra i suoi componenti, la più ampia
    pluralità di discipline, di metodiche e scuole che
    siano congrue ai principi ed alle finalità ispiratrici
    della legge. Elabora e stabilisce i requisiti di ac-
    cesso,  i  criteri  di  funzionamento,  le  modalità
    di elezione dell’organo di governo del Comitato
    stesso.
    2. In accordo con il Comitato, la Giunta identi-
    fica e regolamenta, con propria delibera, le varie
    discipline.
    3. Istituisce il registro regionale degli enti di
    formazione per operatori in arti e discipline naturo-
    logiche o bio-naturali.
    4. Istituisce il registro regionale degli operatori
    in arti e discipline naturologiche o bio-naturali.
    Art. 5
    (Composizione e compiti del Comitato)
    1. II Comitato è composto da:
    a)  un rappresentante operatore, per ogni discipli-
    na bio-naturale, presente sul territorio regiona-
    le e operante da non meno di tre anni, con
    titolo  preferenziale  legato  ad  abilitazione,  a
    partita IVA, a diploma riconosciuto, al maggior
    numero di anni di professione ed attestati;
    b)  un  rappresentante  per  ogni  associazione  di
    operatori e per ogni ente di formazione, asso-
    ciazione o consorzio di enti, per la formazione
    in naturologia o in discipline bio-naturali, che
    abbia rilevanza regionale, pubblico o privato,
    che  abbia  organizzato  corsi  della  durata  diREGIONE  MARCHE — 7 — CONSIGLIO REGIONALE
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    almeno  un  anno  o  che,  se  privato,  sia  sul
    territorio da almeno dieci anni o non meno di
    quattro anni (fa fede la data di costituzione).
    I rappresentanti di cui alle lettere a) e b) in sintonia
    con le direttive europee recepite dallo Stato, con-
    corrono all’elezione per la costituzione dell’organo
    di governo, Comitato di coordinamento regionale,
    in cui è loro garantita una rappresentanza maggio-
    ritaria.
    2. La composizione del Comitato può essere,
    di volta in volta, integrata dalla Giunta regionale
    con la presenza di suoi rappresentanti scelti tra:
    a)  esperti in formazione e lavoro, assistenza, sa-
    nità e ricerca universitaria;
    b)  rappresentanti di associazioni di famiglie;
    c)  rappresentanti di associazioni di consumatori.
    3. Il Comitato, in coerenza con le finalità della
    legge, opera al fine di:
    a)  stabilire regole deontologiche comuni alle varie
    discipline; proporre iniziative tese a valorizzare
    l’attività degli operatori anche nell’ambito extra
    regionale;
    b)  valutare la validità delle discipline esistenti e di
    quelle emergenti ai fini del loro riconoscimen-
    to;
    c)  istituire commissioni specifiche per ogni disci-
    plina, attività e settori stabilendone funzioni e
    regolamenti, nominandone i componenti scelti
    tra gli appartenenti alla stessa disciplina, attivi-
    tà e settore;
    d)  verificare e convalidare le scuole di formazione
    professionale  che  volessero  essere  ricono-
    sciute dalla Regione in conformità ai criteri e
    alle qualifiche stabilite dalle specifiche com-
    missioni;
    e)  verificare e convalidare le decisioni delle com-
    missioni in merito all’ordinamento delle disci-
    pline;
    f)    istituire un comitato di probiviri per dirimere le
    controversie interne al Comitato ed alle com-
    missioni;
    g)  istituire un organo di autocontrollo sulle attività
    professionali e formative delle varie discipline.
    h)  salvare dalla scomparsa, inquadrare e organiz-
    zare nel sociale, con commissioni apposite o
    delegando e sostenendo strutture già costitui-
    te con questa prerogativa, metodiche psicofi-
    siche anche se non ancora riconosciute dalla
    scienza, ma che hanno impatto sociale, cultu-
    rale  o  necessità  di  regole,  professionalità  e
    controllo nel comportamento per tutelare il cit-
    tadino che desidera utilizzarle o applicarle;
    i)   svolgere  funzioni  di  supporto  tecnico,  ed  in
    particolare:
    1)  propone i contenuti dei programmi dei per-
    corsi formativi nelle diverse discipline;REGIONE  MARCHE — 8 — CONSIGLIO REGIONALE
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    2)  elabora i criteri di valutazione dei percorsi
    formativi e dei programmi di aggiornamento
    degli enti di formazione;
    3)  partecipa alla definizione dei requisiti per
    l’iscrizione nei registri di cui agli articoli 7
    e 8;
    4)  valuta le domande di iscrizione;
    5)  promuove iniziative volte alla salvaguardia,
    alla correttezza ed alla qualità delle presta-
    zioni  nel  rispetto  delle  regole  comporta-
    mentali stabilite in sintonia con le associa-
    zioni di settore;
    6)  formula proposte e pareri inerenti agli inter-
    venti regionali volti a salvaguardare la tutela
    del rapporto tra naturologi ed utenti;
    7)  propone iniziative tese a valorizzare l’attivi-
    tà degli operatori anche nell’ambito extra
    regionale.
    4. I componenti e i compiti del Comitato pos-
    sono essere modificati, per motivate ragioni, su
    proposta dell’assemblea del Comitato, con delibe-
    ra di Giunta.
    Art. 6
    (Compito delle commissioni
    specifiche di disciplina)
    1. La commissione di cui all’articolo 5, comma
    3, lettere c), h), ha il compito di regolamentare il
    settore specifico di sua competenza secondo le
    funzioni e i modi stabiliti dal governo del Comitato.
    Le sue decisioni devono essere valutate e convali-
    date dal governo del Comitato stesso.
    2.  La  commissione  deve  essere  composta,
    ordinariamente, da esponenti della stessa disci-
    plina  ed  in  essa  devono  essere  rappresentate,
    nella forma più ampia possibile, le varie scuole di
    pensiero.
    Art. 7
    (Registro dei naturologi
    ed operatori in discipline bio-naturali)
    1. Per le finalità di cui all’articolo 1, comma 1,
    è istituito il registro regionale naturologi ed opera-
    tori in discipline bio-naturali, con elenchi per tecni-
    ci e specialisti, suddiviso in sezioni corrispondenti
    alle diverse discipline, di seguito denominato regi-
    stro.
    2. Al registro possono iscriversi coloro i quali
    abbiano seguito percorsi formativi riconosciuti dal-
    la Regione in base a criteri definiti dal comitato
    tecnico scientifico e dagli accordi stipulati dallo
    Stato nell’interscambio internazionale.
    3. L’iscrizione nel registro non costituisce co-
    munque condizione necessaria per l’esercizio del-
    l’attività sul territorio regionale da parte degli ope-
    ratori.REGIONE  MARCHE — 9 — CONSIGLIO REGIONALE
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    4. L’istituzione presso la Giunta regionale dei
    registri  di  cui  al  presente  e  successivo  articolo
    non comporta oneri a carico del bilancio regionale.
    Art. 8
    (Registro degli enti di formazione)
    1.  E’  istituito,  presso  la  Giunta  regionale,  il
    registro  regionale  degli  enti  di  formazione  in
    naturologia o in discipline bio-naturali.
    2. L’iscrizione nel registro costituisce condi-
    zione per l’accreditamento degli enti di formazione
    in naturologia o in discipline bio-naturali, pubblici e
    privati, in possesso degli standard qualitativi e dei
    requisiti organizzativi stabiliti in ambito regionale,
    nonché per il riconoscimento dei percorsi formativi
    gestiti dagli enti medesimi.
    Art. 9
    (Iter formativo)
    1. Il titolo viene rilasciato da enti di formazione
    pubblici, regionali, associazioni o privati accredi-
    tati, od in associazione fra loro, al termine di un
    iter formativo.
    2. L’individuazione dei requisiti di accesso ai
    percorsi per naturologo o operatore in discipline
    bio-naturali e l’eventuale riconoscimento di crediti
    formativi per la riduzione della durata dei percorsi
    si effettua in coerenza con quanto previsto dalle
    leggi europee, di Stato e regionali o successivi
    provvedimenti di attuazione in merito a figure pro-
    fessionali, qualifica e standard formativi.
    3. Il percorso formativo si articola in un corso
    base iniziale e propedeutico di almeno 400 ore,
    con approfondimenti specifici in indirizzi individua-
    ti con delibera della Giunta regionale su proposta
    del Comitato di cui all’articolo 5. Questo percorso,
    che  termina  con  una  valutazione  finale,  è  indi-
    spensabile per chi non fosse in possesso di diplo-
    ma  o  maturità  o  che  abbia  maturato  sufficienti
    crediti lavorativi. Dopo questo corso e comunque
    per  tutti  è  istituito  colloquio  di  ingresso  all’iter
    formativo.
    4. Nell’ambito di queste attività ed iter formativi
    per arti e discipline naturologiche o bio-naturali
    sono individuate tre tipologie:
    a)  attività che implicano una preparazione post-
    maturità  superiore  di  almeno  o  superiori  a
    3.200  ore  (quattro  anni)  di  studio  +  200  di
    pratica;
    b)  attività che implicano una preparazione post-
    maturità  superiore  di  almeno  2.400  ore  (tre
    anni) di studio + 200 di pratica;
    c)  attività che implicano una preparazione post-
    maturità di almeno 800 ore di studio +200 di
    pratica.REGIONE  MARCHE — 10 — CONSIGLIO REGIONALE
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    VIII LEGISLATURA — DOCUMENTI — PROPOSTE DI LEGGE E DI ATTO AMMINISTRATIVO — RELAZIONI
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    Art. 10
    (Intese interregionali)
    1. La Regione promuove la conclusione di ap-
    posite intese con le altre Regioni per il reciproco
    riconoscimento dei percorsi formativi, attinenti alle
    arti e discipline naturologiche o bio-naturali, previ-
    sti nei rispettivi ambiti territoriali.
    Art. 11
    (Norma di salvaguardia)
    1. Gli operatori che, all’entrata in vigore della
    presente  legge,  abbiano  completato  un  ciclo
    formativo completo rispondente ai contenuti didat-
    tici  ed  agli  standard  qualitativi  definiti  ai  sensi
    dell’articolo 7, comma 3, e che abbiano documen-
    tato  l’esercizio  dell’attività,  possono  richiedere
    l’iscrizione nella competente sezione del registro
    regionale, acquisito il parere favorevole del Co-
    mitato.
    Art. 12
    (Forme di intervento regionale)
    1. La Regione favorisce le forme associative tra
    i naturologi e gli operatori in discipline bio-naturali
    anche attraverso la valorizzazione degli aspetti
    peculiari di ciascuna disciplina.
    2. La previsione negli statuti o negli atti costi-
    tutivi delle associazioni di naturologi e di operatori
    in discipline bio-naturali, di norme che dispongano
    forme  di  controllo,  regole  comporta-mentali  ed
    azioni disciplinari interne a garanzia del corretto
    svolgimento dell’attività da parte dei propri asso-
    ciati è considerata requisito per l’accesso prefe-
    renziale ai contributi erogati dalla Regione.
    Art. 13
    (Norma finanziaria)
    1. Per le spese relative al funzionamento del
    Comitato si provvede con le somme appositamen-
    te stanziate nel bilancio di previsione per l’eserci-
    zio 2006 e successivi.
    2. All’autorizzazione delle altre spese previste
    dai  precedenti  articoli  si  provvederà  con  legge
    successiva.
    Art. 14
    (Norme transitorie)
    1. I professionisti e gli enti di formazione già
    accreditati, da almeno un anno dall’entrata in vigo-
    re  della  presente  legge,  presso  le  associazioni
    operanti nel territorio della regione e che abbiano iREGIONE  MARCHE — 11 — CONSIGLIO REGIONALE
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    VIII LEGISLATURA — DOCUMENTI — PROPOSTE DI LEGGE E DI ATTO AMMINISTRATIVO — RELAZIONI
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    requisiti per essere ammessi al Comitato di co-
    ordinamento di cui all’articolo 4, comma 1, potran-
    no richiedere di diritto l’iscrizione ai registri regio-
    nali  di  cui  agli  articoli  7  e  8,  entro  centottanta
    giorni dall’istituzione dei registri stessi.