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sabato 20 agosto 2011

FLOW (quando si raggiunge lo stato di grazia)

         
          Tratto dal sito http://www.in-psicoterapia.com/
Inserendosi all’interno del dibattito della socio-psico-biologia, gli autori danno un contributo interessante agli studi sulla "selezione culturale", attraverso varie ricerche e metodologie per indagare l’esperienza, il vissuto delle persone nel loro ambiente, proponendo la "teoria" del flusso di coscienza e due questionari: il Flow Q (questionario dello stato di flusso di coscienza) e l’ESM (experience sampling method).
I tre fattori: genetico, culturale, psicologico, sono considerati ugualmente responsabili dell’evoluzione umana; infatti, studiando il fattore finora più trascurato (la mente, la coscienza), gli autori cercano di pareggiare il conto evitando "riduzionismi" ed "essenzialismi".
Il volume si presenta come "un viaggio nella dimensione dell’esperienza umana". L’ESM viene proposto come uno strumento per la rilevazione e la mappatura di questa dimensione; mentre la "teoria" del flusso di coscienza intende offrire indicatori preziosi per comprendere le motivazioni, gli orientamenti e la selezione alla base dell’esperienza quotidiana.
Punto di partenza dello studio dell’esperienza è, ovviamente, la definizione di questa: "definiamo "esperienza" la focalizzazione dei processi di attenzione sulle interrelazioni dei dati presenti nella coscienza" (p. 370). Coscienza e attenzione sono considerati due sistemi interagenti: lo stato di coscienza dipende dal funzionamento dei processi selettivi, dal loro focalizzarsi su certi oggetti esterni o interni e non su altri.
Questa osservazione contiene implicazioni molto generali rispetto alla selezione culturale: "Ogni sistema sociale per poter sopravvivere ed evolvere deve cioè essere in grado di attrarre positivamente l’energia psichica degli individui sulle istruzioni culturali che lo conformano e caratterizzano. I valori, le norme, le istituzioni di una cultura, in altre parole la memoria culturale extrasomatica, esistono e si trasmettono nel tempo in funzione delle modalità di investimento di energia psichica individuale, "dipendendo così dalla stessa fonte da cui dipende l’esperienza individuale"" (374).
In questo senso diventa ineludibile un’analisi dei sistemi motivazionali che sottostanno al comportamento umano, in quanto l’orientamento dell’attenzione su uno scopo definisce la motivazione e quindi la spinta al comportamento. Per gli autori le motivazioni endogene derivano da intenzioni e scopi che il soggetto sente nascere dal proprio interno. Sarebbe tuttavia auspicabile un ulteriore sforzo di articolazione relativo all’aspetto psicologico-culturale delle motivazioni: il significato che una certa condotta assume per l’individuo al di là della gratificazione immediata e al di là delle implicazioni psicobiologiche dell’esperienza. Un tipo particolare di motivazione endogena è quello stato psicologico "ottimale" chiamato flow (flusso di coscienza), che, per gli AA., non sembra a sua volta orientato da una "motivazione ottimale": tale stato sarebbe talmente gratificante da essere ricercato in svariati modi, indipendentemente da una motivazione orientata alla crescita (meta-bisogni). La sua descrizione da parte di soggetti impegnati nelle più diverse attività (alpinismo, jogging, studio…) ha permesso agli autori di giungere a una definizione "trasversale" dell’esperienza flow:
a) l’attenzione è completamente concentrata su un campo di stimoli limitato;
b) il soggetto è completamente immerso nella situazione;
c) si sente in controllo delle proprie azioni e dell’ambiente;
d) scompare l’io ordinario con le sue preoccupazioni;
e) la gratificazione è legata all’esperienza stessa,
f) la situazione è chiara, non conflittuale o contraddittoria;
g) vi è equilibrio fra la percezione della difficoltà della situazione e del compito (challenge) e le capacità personali (skills).
Proprio il vissuto di equilibrio tra challenge e skills permetterebbe l’instaurarsi dello stato di flusso. "Tre sono quindi gli elementi fondamentali delle situazioni di flusso di coscienza: un grande investimento di attenzione sulla situazione in atto; una sensazione di benessere e di soddisfazione personale; la presenza di un impegno a cui corrispondono capacità personali adeguate" (p. 383).
L’attività che permette di esperire uno stato di flusso tenderà ad essere ripetuta; fino a che il livello di complessità può seguire l’innalzamento delle capacità. Il risultato di questa "escalation" è una crescente complessificazione sia dell’individuo (i suoi skills) che delle attività o compiti (challenges). In tal senso, lo sviluppo del comportamento è inteso come un progressivo aumento di complessità del sé individuale: attraverso lo stato di flusso di coscienza si realizzerebbe lo sviluppo del sé. Qui il termine sviluppo è sinonimo di complessificazione e di aumento di capacità, non fa riferimento a una dimensione etico-spirituale (l’autorealizzazione), sottolineata dalla prospettiva transpersonale.
Gli autori rilevano come lo stato di flusso rivesta un ruolo fondamentale anche per lo sviluppo di una intera cultura, in quanto il processo di evoluzione culturale sarebbe interrelato ai processi di selezione psicologica umana: "lo sviluppo del sé, la crescita individuale rappresenta un processo di evoluzione conseguente a una continua selezione: la selezione psicologica" (p. 446). Lo sviluppo appare come la risultante di una continua interazione tra skills e challenges, ambedue di complessità elevabile all’infinito.
In questo senso, come già notavamo, attività molto diverse sono assimilate, trascurando il significato peculiare che ognuna riveste nel progetto esistenziale dell’individuo. Così "meditare" e "guardare la TV" rischiano di essere considerate egualmente attività di flow, e come tali poco distinguibili nella loro funzione evolutiva (psicologica e culturale). Le ricerche condotte con l’ESM e il Flow Questionnaire evidenziano, infatti, le regolarità nel fluire dell’esperienza quotidiana, la frequenza dello stato di flusso e i diversi tipi di attività a cui questo si associa; in definitiva il flow è visto, aspecificamente, come un "attrattore" della evoluzione individuale e, contemporaneamente, della selezione culturale.
Diverse ricerche (presso gli indiani Navajo e su un campione thailandese) hanno evidenziato la validità transculturale del costrutto "stato di flusso", mentre in una ricerca su un campione di tossicodipendenti gli autori hanno mostrato differenze sostanziali tra l’esperienza ottimale connessa all’assunzione di droga e quella connessa ad attività lavorativa. Questo tipo di ricerca differenziale consentirà di specificare sempre di più le differenze qualitative (in termini di attribuzione di significato) tra i diversi stati di flusso e la loro valenza evolutiva.
Quanto finora acquisito riguardo alle condizioni che facilitano lo stato di flusso (controllo, concentrazione, immersione totale, coltivazione di competenze), viene esemplificato da uno studio sulla storia dei gesuiti (che apre a considerazioni e a un lessico meno darwinista), ovvero: la disciplina come condizione per l’insorgenza del flow. "La tesi che vogliamo sviluppare è che le regole gesuitiche fornivano un insieme ottimale di condizioni per cui i giovani che si accostavano a esse potevano vivere la totalità della loro esistenza come un’unica esperienza di flusso di coscienza [...] La Compagnia di Gesù è un esempio di un’istituzione che cercò di organizzare tutta l’esperienza globale di una persona come un insieme di regole che comprendono ogni aspetto della realtà. Il suo successo dipende dalla capacità di integrare le esistenze dei propri membri in un progetto stimolante, impegnativo e unitario" (p. 472). L’indeterminazione, l’incertezza sulla direzione della condotta umana è una delle fonti principali di ansietà e di malessere. I gesuiti crearono uno stile di vita coerente e ordinato sostenuto da una concezione del mondo molto chiara. Attraverso: la strutturazione e l’orientamento dell’attenzione, i feedback chiari da parte dei superiori, il perfezionamento della ragione (studio e capacità logiche), il coinvolgimento nei problemi sociali, gli esercizi spirituali.
I processi attentivi costituiscono lo strumento per ordinare, strutturare l’esperienza e la condotta. Infatti la psicosi viene interpretata, dagli autori, come una "comune incapacità di concentrazione e focalizzazione dell’attenzione [...]; individui che non sono in grado di identificare nella propria vita opportunità d’azione su cui potersi concentrare e su cui investire la propria energia psichica possono incorrere con maggiore facilità in quadri patologici rispetto a soggetti che tendono a ricercare attivamente nell’ambiente challenges cui applicare le proprie risorse psichiche" (p. 566-567).
Nella vastità dei riferimenti culturali in cui la proposta di questo volume si muove, ci sembra che un ulteriore approfondimento possa venire dal confronto di questo orientamento di ricerca col ricco humus epistemologico della psicologia culturale, col paradigma della complessità e con la psicologia transpersonale. Inoltre, la considerazione di alcune posizioni filosofiche, etiche, religiose, potrebbe dare indicazioni sulla valutazione (qualitativa) dei diversi tipi di flusso (regressivi o evolutivi?), sul loro indirizzo evolutivo, in un senso etico-religioso più che darwiniano, come sviluppo spirituale e sapienziale.

Michele Cavallo